sabato 20 giugno 2009

Cultura di massa: qual'è la sua direzione?

Le riforme volute - e ora in imperturbata fase di applicazione - dal Governo italiano in materia di educazione prefigurano una scuola tecnologica, aggiornata secondo le novità dell'ora, impostata su quelle che si ritengono le esigenze a cui un istituto formativo deve adempiere.
La lavagna informativa sostituisce la lavagna classica, quella della cimosa e dei gessi bianchi. Al lavoro su libri e quaderni, probabilmente si arriverà presto a preferire il computer coi suoi testi multimediali, in cui tutto è a portata di un click. E' inoltre previsto che una materia sarà insegnata in inglese - appunto per rendere i giovani alunni più coesi nel clima della cultura globale, la cultura di massa come pure la cultura "specialistica" che certe istituzioni "globali" spacciano come cultura valida in sede accademica.
Circoscriviamo il nostro intervento a un punto in particolare: la direzione assunta da questi eventi di riforma culturale. Ossia: a cosa queste riforme condurranno.
Per non procedere con considerazioni astratte, avulse dalla realtà che si vive e in cui si cozza il capo giornalmente, vogliamo (e dobbiamo) rifarci a casi concreti, che nella loro esemplarità valgono più di mille ipotesi volatili, impastate dei "se" e dei "ma" che tanto disprezziamo nelle disquisizioni accademiche; abbiamo pur il dovere di essere realistici, ora che siamo arrivati a un certo punto in cui i fatti parlano da sé.
Mi è capitato di udire che un professore universitario abbia consigliato ai suoi studenti di riferirsi, per un approfondimento tematico, a una voce presente su Wikipedia.
Cosa è Wikipedia? E' la più vasta enciclopedia online. Fin qui non c'è nulla di male, anzi: il fatto che offra gratuitamente l'accesso, e che consenta un approfondimento di qualunque argomento di ricerca sembre costituire un servizio di grande utilità. Ma ecco, guardiamo questo servizio più da vicino. Chi sta dietro a Wikipedia, chi contribuisce al suo sviluppo? Sono gli stessi utenti. Ciascuno è libero di aggiungere e modifica le voci presenti - ove queste siano passive di controversia.
E qui esce fuori il problema. Non c'è un criterio "culturale" di selezione del materiale che tale enciclopedia include. Vi si trovano personaggi storici al fianco dei protagonisti della pallavvolo, dei reality shows nonché le pornostar.
Ho un amico che si è candidato all'elezioni comunali in una delle circoscrizioni locali; ebbi l'idea di dedicargli una pagina su Wikipedia. Molto presto un moderatore del sito intervenne, censurando la pagina appena creata. La motivazione che costui mi diede fu che si trattava di contenuto "non contestualizzato". Cercai più dettagli, perchè la spiegazione era piuttosto lacunosa. Se vi sono pagine dedicate a chi è andato in televisione per dire una scemenza, a chi ha vinto una medaglia in un torneo di sci che nessuno ricorda, a un professore universitario la cui pagina è scritta dai suoi assistenti un po' ruffiani, è lecito chiedersi: chi lo crea, il contesto? Chi decide cosa è un contesto? Nessun moderatore di questa enciclopedia online può darci una risposta soddisfacente.
Possiamo abbozzare noi una risposta.
Il contesto si crea da sé.
Il contesto che fa da filtro alla cultura non è un elemento culturale. Lo può diventare, ma di per sé, il contesto è altro dalla cultura. Il contesto è originato da un interesse pubblico, soprattutto nei casi in cui il contesto è nuovo e si propone in contrasto o frattura con forme di sapere già istituzionali, in cui il sapere è sottoposto al vaglio di forme di controllo, dove anche al giudizio di un'autorità intellettuale.
Se non è cultura, il neonato contesto è certamente natura.
L'interesse lo investe di un'aura di originalità, e con ciò prende forma e - grazie all'investitura che gli offre un'enciclopedia online particolarmente visitata al punto di essere un riferimento persino in sede accademica - si istituzionalizza.
Così la cultura cresce, e pure aumentano le nuove pagine che utenti volenterosi scrivono su Wikipedia. Domandiamoci: ma la cultura cresce per davvero, o sembra che cresca soltanto perchè aumentano le pagine di Wikipedia? Il tema riguarda il solito punto, e cioè il filtro.
La cultura di massa non ha filtro.
La massa stessa è il filtro. Dal momento che la cultura di massa non riceve il beneplacito di un'autorità intellettuale che dica "questo va bene" o "questa è merda", la cultura di massa cresce e si sviluppa senza alcun controllo volontario. Non ci sono dei canoni morali ammessi, che possano
vietare o sanzionare un prodotto culturale immesso sul mercato e che ottiene un successo colossale, seppure si tratti di una forma lesiva per l'educazione giovanile e che ingenera comportamenti nichilisti e devianti.
La massa è numero, cioè quantità. La massa perciò non può concepire un'etica, se appunto si conta come massa. Il "pubblico", che è frutto degli strumenti di comunicazione - appunto della comunicazione mediatica, che è sempre di massa - può apprezzare o decidere di cambiare canale, ma non può irrompere nella trasmissione ed esprimere il suo scontento.
Dell'opinione della massa, gli esperti di mercato tengono conto semplicemente sulla base di un fatto elementare: che la massa compri il prodotto oppure no. E questo, ancora una volta, si misura coi numeri. La massa è quantità, e ogni attività svolta dalla massa si traduce ugualmente in quantità. Così anche il pensiero della massa, prende forma in quantità.
E' chiaro che l'etica e la morale siano avulsi dal quantitativo: questi si esprimono come valori qualitativi, e perciò gli esperti di mercato non hanno proprio da tenerne conto. E con essi, anche i "produttori" di cultura (intendendo gli industriali della cultura di massa) non hanno da preoccuparsene: a questi interessa vendere il prodotto, perché la cultura che non è merce non è neppure cultura di massa.
Non vogliamo incartarci in noiose e circolari speculazioni di eco marxista, da cui non usciremmo fuori e finiremmo in uno dei tanti errori in cui sono cascati certi "filosofi" degli ultimi cinquant'anni. Limitiamoci soltanto a notare come, dopo che agli artisti si sono sostituiti gli operai della merce culturale, e dopo che ai fruitori di cultura si è sostituita la massa come destinatario, abbiamo infine questa sostituzione: alle figure che potevano esercitare funzione di autorità intellettuale (nella forma di critici che rimandano a canoni culturali classici) si sostituisce un'altra autorità intellettuale, che però è del tutto impersonale ed è in relazione stretta con lo stesso pubblico destinatario della merce. Se le prime due sostituzioni che abbiamo menzionato si sono avute pressoché contemporaneamente, perché l'una implicava l'altra, quest'ultima innovazione del filtro è quel che perfeziona il circolo, che lo rende dunque più fluido.
Ma continuiamo adesso col discorso di Wikipedia, che come abbiamo scritto in altra sede, corrisponde esemplarmente alla forma più comprensiva del processo di democratizzazione della cultura.

(CONTINUIAMO IN ALTRO POST)

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