domenica 17 maggio 2009

Il kamasutra per cattolici è il trionfo dei laici?

La laicizzazione delle istituzioni è un processo che è ormai in fase di conclusione. Conclusione, cioè compimento del suo fine. Tutt’oggi di istituzioni non laiche ce ne sono rimaste davvero poche, e nel giro di poco saranno scomparse pure le briciole. Un monaco francescano polacco pubblica un un kamasutra per coppie cattoliche e subito è boom di vendite. Nessuno finora ha levato la voce sul degrado del credo cattolico: alla secolarizzazione dell’istituto segue un’avvilente mercificazione della dottrina, che pure è tradita e offesa. Il blasfemo è, oggi, solo e nient’altro che una categoria estetica.
Ma guardiamo da più lontano, quale spettacolo ci troveremo davanti un giorno imminente, quello in cui la laicizzazione sarà arrivata in fondo. In fondo, al fondo di quel che fa dell’uomo non tanto un mammifero, quanto un essere sacro e inviolabile, un anima dentro un corpo e un corpo che reclama diritti e valori. Gli opinionisti dell’ideologia laica sostengono che esiste un’etica separata dalla religione; ci sarebbe un’etica laica su cui i rapporti tra uomini troverebbero regolazione entro la società, e dunque un’etica sociale che, avulsa dai precetti cristiani e dai loro residui, consentirebbe di sopravvivere alla morte di Dio. Se Dio è morto, l’uomo oggi è invece vivo e vegeto suo malgrado. Il kamasutra per cattolici testimonia la sua vitalità – e pure il bisogno di scopare.
Ma a che punto un orientamento smette di essere un orientamento, e diventa invece una prescrizione e poi un obbligo? Perché non si pone la domanda, quel prete ignobile che scrive il kamasutra?
Non è un salto avventato, il passare da questo fatto alla situazione dei partiti nostrani. Osserviamo i partiti come navi nella tempesta, mossi tra incertezze d’identità culturale e le direttive più o meno autoritarie (almeno in un caso, palese) dell’uno che vi sta alla testa. Laicizzazione dei partiti: si traduce in etica utilitarista del fine da raggiungere, costi quel costi. Se non è del tutto evidente, presto lo sarà di più. La presa di posizione che i partiti mostrano, su ogni faccenda che sia di matrice culturale e non attinente alla retorica o ai fini della politica di partito, è inesistente.
La cultura non serve; non se ne comprende l’utilità, a meno che non divenga strumento per affrontare un avversario. Eppure la cultura va difesa, soprattutto oggi che è in pericolo. L’intera cultura italiana è radicata nel suo spirito religioso.
Se scompare il senso e il significato della cultura, non è prossima la fine della stessa. Magari ci rimarrà, ma in forma di cartoline e souvenirs per turisti. Vivremo come turisti, a Roma come a Firenze: guarderemo la realtà che ci circonda con gli occhi del turista, pensando che in ogni tempo sia sufficiente il talento di un uomo per costruire qualcosa.
Schiacciati i secoli su un muro di cemento, l’Italia sarà quotata in borsa e avrà i suoi managers educati secondo la razionalità dell’ultim’ora, figlia del positivismo più oscurantista. A quel punto il futuro avrà la stessa profondità del passato: profonda eppure piatta, un’ingegnosa cartolina per il turista laico.

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