mercoledì 24 giugno 2009

In attesa dell'Enciclica sulla Globalizzazione di Papa Benedetto XVI

Mancano pochi giorni alla data più attesa, quella che spicca sul calendario degli impegni politici dei leader mondiali. Il G8, che ancora non ha ufficializzato il numero delle nazioni che parteciperanno mediante una rappresentanza, si preannuncia un evento bollente. Il motivo dell'attesa sta anche nell'ultima novità, circa un ospite fuori dal comune, che entrerà a far parte dell'incontro delle grandi potenze, che si incontrano unicamente per discutere di questioni economiche. Parteciperà il Vaticano, perchè così ha deciso Papa Benedetto XVI. Sappiamo che per l'occasione il Papa tedesco, al secolo Joseph Ratzinger, coglierà l'occasione per presentare un'enciclica a cui ha lavorato negli ultimi due anni. Un'enciclica in cui il Papa tedesco - da sempre interessato a tante cose che, purtroppo, esulano facilmente dagli argomenti che dovrebbero appartenere alla sua sfera di influenza - affronterà temi economici, e in particolare il discorso chiamato globalizzazione. La Chiesa vuole occuparsi della globalizzazione, e trova lo spazio per farlo in questo contesto - quale contesto migliore per mettersi all'attenzione del mondo? - che è il contesto appunto offerto da un incontro di politici che stipulano accordi e strette di mano. Immaginiamo che Benedetto XVI voglia parlare di pace: dirà che la globalizzazione non deve più penalizzare i popoli dei paesi dall'economia arretrata, ma deve vigere un'attenzione rispetto agli indifesi, a coloro che non concorrono per il primato e il controllo delle limitate risorse. Dirà inoltre che la finanza appiattisce le differenze fra nazioni, e tutto soggiace a un dominio di maggiore precarietà. Dirà, forse, che il potere è qualcosa di illusorio, tanto che i padroni delle grandi aziende figurano in realtà come dipendenti di una compagnia fatta di invisibili titoli azionari, in cui gli stessi manager sono dipendenti - pagati poco e superpagati - e sono ugualmente padroni e schiavi dell'entità immateriale di cui raccolgono i risultati. Dirà tante cose, e non dubitiamo del fatto che quel che il Papa tedesco dirà, senz'altro provocherà scandali, polemiche, dibattiti, e così a non finire. Qualcuno dirà: "Il Papa poteva restarsene in San Pietro". Qualcun altro ribatterà: "Il Papa è il Papa, è la guida spirituale dei cristiani e perciò ha il diritto di parlare, di qualunque argomento voglia parlare". I cristiani, ossia il popolo dei lettori di giornali e di spettatori del tiggì, assisteranno a questa débacle, in cui si contesta la posizione scomoda assunta da questo pontefice troppo attivista, che ha detto qualcosa che scontenta tutti - quelli che dovrebbe rappresentare come quelli con cui dovrebbe venire a patti.Insomma: il popolo credente finirà disorientato. Dal momento che il Papa rappresenta la comunità dei credenti - che è sovranazionale, non riguarda il solo popolo di italiani cattolici - egli non potrà dire nulla sulla politica economica di alcun paese. L'Italia è destinata a subire lo shock più grande. Quel che il Papa dirà, non porterà alcun sollievo al tribolato popolo che lo circonda. Magari si esporrà in uno sterile abbraccio per le tribolazioni africane, ma la sua mano non arriverà a lenire le pene degli italiani, sempre più lasciati a sè stessi in questo clima di degrado - che è politico, economico, morale, e insomma di una gravità davvero avvilente. Dal momento che una soluzione a portata di mano non c'è - se non seguire le indicazioni della "decrescita felice" di Serge Latouche - la giusta via per il capo religioso di una delle più longeve istituzioni occidentali non sarebbe stata altro che il sottrarsi alla piazza, al mercato dei destini economico-politici fra paesi che, molto presto, da amici e fratelli potranno rigirarsi l'uno contro l'altro. La situazione attuale non ci permette di vedere alcun idillio a breve distanza. Ogni aiuto che possiamo dare ai più sfortunati che stanno distanti, comporta qualcosa che togliamo a quelli che ci stanno più vicini. L'economia attuale favorisce l'egoismo. Non c'è dubbio. Ma che dire di questo, se non che è una conseguenza inevitabile, prodotta dalle politiche di gente senza coscienza, e che ancora senza coscienza si approssima a rovesciare la frittata? Il Vaticano non può cambiare il mondo, il Papa Ratzinger non vuol prendere in considerazione la possibilità che il suo interventismo - in ogni materia estranea al discorso della fede - sia nocivo allo stesso discorso religioso, nel suo senso profondo; la sua tracotanza (una vera e propria hybris, diremmo, nel senso dei greci) provoca lo sdegno divino, perché tale interventismo ignora le parole di Cristo: "Date a Cesare quel che è di Cesare", che è come dire: "Lasciate agli altri quel che riguarda gli altri". Lo spirito cristiano gli si rivolgerà contro. A subire le conseguenze - a questo punto irrimediabili - sarà la stessa fede che per secoli ha nutrito il popolo al Vaticano più vicino.

Marzio Valdambrini
(tratto da: http://www.shvoong.com/writers/marzio19yahooit/ )

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